martedì, ottobre 23, 2012

COMPLESSO DI INFERIORITA' E VOLONTA' DI POTENZA - LA LIBERTA' PERDUTA

Secondo i principi della Psicologia Individuale Adleriana, alla base dei dinamismi psichici umani vi e' il conflitto tra la volonta' di potenza, caratteristica innata in ogni individuo, e  il sentimento di insicurezza  (o di inferiorita') che si sviluppa nell'uomo, in modo piu' o meno marcato, fino dai primi anni di vita. Questo sentimento di inferiorita' non deve essere considerato, di per se' stesso, un elemento negativo o patologico.  Possiamo anzi ritenere, come afferma Alfred Adler, che esso rappresenti la maggiore forza motrice dell'uomo, in quanto nessun individuo riesce ad accettarlo senza cercare di reagire.  E' proprio questa reazione naturale che spinge alla costante ricerca di compensazioni postive e alla strutturazione di uno stile di vita orientato in modo finalistico verso il superamento dei limiti entro i quali l'uomo si sente confinato.  In pratica nell'individuo  normale e' l'insoddisfazione che spinge all'azione positiva, meccanismo, questo, che ha un valore compensatorio nei confronti del proprio senso di insicurezza.
Poiche' un'altra caratteristica della natura umana e' il sentimento sociale, le azioni che hanno valore di compensazioni positive sono necessariamente orientate verso una socialita' solidale e costruttiva. Il sentimento sociale, infatti, e' parte integrante della natura umana e puo' essere considerato l'espressione di uno dei molteplici dinamismi psichici che fanno capo all'istinto di conservazione.
Purtroppo questo stato di ideale normalita' e' tuttaltro che frequente.  Situazioni negative di carattere individuale, familiare o sociale, possono portare molto precocemente alla strutturazione di un vero e proprio complesso di inferiorita'.  A questo punto, nel drammatico conflitto tra questo complesso e il desiderio di autoaffermazione, puo' nascere e organizzarsi uno stile di vita orientato in senso negativo verso la fuga e la deresponsabilizzazione.  La paura della sconfitta, sostenuta dal complesso di inferiorita', puo' portare a un disimpegno totale e quindi, fatalmente, ad un atteggiamento asociale.  Pur permanendo sempre  un dissimulato desiderio di rivalsa e di affermazione.
Queste situazioni psicologiche sono la premessa per creare due tipi fondamentali di uomini che, partendo dalle stesse motivazioni di base, si orientano verso due direzioni opposte.
Alcuni individui sviluppano uno stile di vita caratterizzato da un atteggiamentodecisamente aggressivo, proiettato cioe' in avanti, ma con mete patologiche  perche' assurdamente elevate e scisse da qualsivoglia sentimento sociale.
Altri invece sfuggono, insieme alla realta', anche ogni tipo di responsabilita' umana, sempre alla ricerca di poter attribuire ad altri, o comunque ad eventi esterni , la colpa delle loro sconfitte. Questi sono i seguaci perfetti. Sono coloro che aspettano solo un capo carismatico che tolga loro la responsabilita' di gestire la propria liberta'.  E questi individui sono anche i piu' pericolosi, poiche' quando hanno trovato il capo al quale affidare idealmente il peso di ogni responsabilita' decisionale, possono arrivare a compensare le frustrazioni derivate dalla loro intima debolezza e dai loro complessi, perfino attraverso atti disumani e crudeli.
Individui che hanno raggiunto il livello piu' profondo di deresponsabilizzazione. Abbiamo visto come, in occasione di processi a criminali di guerra, quasi tutti gli imputati si sono dichiarati non colpevoli dei delitti loro attribuiti, ritenendosi solo esecutori materiali di ordini che non potevano essere discussi. Individui che, rinunciando alle prerogative umane piu'importanti, cioe' il diritto alla liberta' ed il senso sociale, avevano rinunciato ad essere uomini.
Ma questo tipo di  individui, nel contesto storico e sociale in cui sono vissuti, avrebbero potuto essere diversi  ?   Teoricamente si, ma in pratica ognuno di loro aveva probabilmente nella propria storia personale e nelle proprie vicissitudini, le premesse per dare un certo corso alla propria esistenza, strutturando un ben definito stile di vita.
Qui si torna al punto principale del problema. C'e' da pensare che, quando la maggioranza di un popolo soffre dello stesso tipo di nevrosi, orientata verso la fuga dalle responsabilita' e sostenuta dalla frustrazione e dall'insicurezza, il tiranno nasca per parto spontaneo, come espressione del bisogno e del desiderio inconscio di quello stesso popolo. Si stabilisce cosi, e dura per un certo lasso di tempo, un rapporto ambivalente di odio-amore tra il popolo e il suo  tiranno, proiezione autoritaria di una idealizzata, o meglio distorta, figura paterna.
Ma proprio quando la liberta' e' stata abolita, comincia a riacquistare, agli occhi dei piu', il suo valore fondamentale e si pone come meta, come obbiettivo da raggiungere.  E nuovamente gli uomini, sempre alla ricerca di una compensazione alle loro insoddisfazioni, si impegnano in una lotta inevitabilmente destinata al successo.  La storia insegna anche questo : le lotte per la liberta', in tempi piu' o meno lunghi, trionfano sempre.  Questo sta a dimostrare che gli uomini ottengono sempre cio' che vogliono, o meglio cio' di cui hanno bisogno. 
Le mete e i desideri dell'uomo psicologicamente sano saranno costruttivi e e positivi.
Quando invece mancano l'equilibrio interiore e la sicurezza, l'uomo correra' tra le braccia del suo tiranno o del suo carnefice. 
Ma questo equilibrio non e'  un fatto casuale.  Ognuno di noi e' responsabile singolarmente, cosi come lo e' la societa' nel suo complesso, delle caratteristiche  e dell'equilibrio interiore sia di noi stessi che degli altri. Questo e' il fondamento del sentimento sociale ed e' non tanto la medicina per curare, quanto il modo per prevenire le crisi umane e sociali.
All'uomo che ha coscienza della propria individualita' e del proprio valore umano e sociale,   nessuno potra' mai sottrarre la liberta'. 

venerdì, ottobre 12, 2012

LA PAURA DELLA LIBERTA'

La storia ci insegna che quando un popolo ha conquistato la propria liberta', dopo un certo periodo di tempo, quasi inevitabilmente ne viene di nuovo privato.  Ogni volta che capita un evento di questo genere, si tende ad attribuirne la responsabilita' unicamente al tiranno o ai gruppi di potere che sembrano, a un certo momento, aver deciso di derubare il popolo della sua liberta'.
Ma come e' possibile che poche persone riescano a schiacciare e  a dominare una moltitudine ? Come potrebbe cio' avvenire, se non fosse il popolo stesso a partorire il tiranno di cui ha inconsciamente profondo ?
Partiamo dalla considerazione che cosi come ogni tiranno rappresenta un particolare caso di psicopatologia,  anche ogni individuo che accetta di rinunciare alla propria liberta' e si  dimostra sottomesso all'autorita' assoluta e' un malato, un nevrotico, condizionato dai propri complessi a questo atteggiamento passivo.  Che poi questa passivita' possa essere un fatto solo apparente, lo vedremo in seguito, ma cio' nulla toglie alla patologicita', alla asocialita' e alla pericolosita' di questo atteggiamento.
I tentativi autoritari e i deliri di un megalomane, in teoria, non dovrebbero trovare un seguito, in quanto in netto contrasto col piu' elementare senso sociale.
Ma anche nell'ipotesi che intorno ad un potenziale dittatore possano raccogliersi, spinti da diverse motivazioni o interessi,  alcuni adepti,  il loro numero in una societa' sana  e amante della propria liberta' dovrebbe essere talmente esiguo da permettere di rintuzzare qualunque intenzione liberticida possa scaturire da una mente delirante.
Il delirio di grandezza non e' poi una malattia tanto rara.  Ma per fortuna e' una sindrome che generalmente riguarda solo i medici che si prendono cura di questi pazienti  e i familiari che devono sopportare le stranezze di questi individui.
Assistiamo pero', a volte, al fatto straordinario di vedere il folle diventare il Capo, magari per acclamazione o comunque col tacito consenso popolare,  e il  popolo diventare schiavo.  Qui evidentemente il problema patologico non riguarda piu' solo il tiranno, ma coinvolge tutti gli individui.
Se colui che comanda e' un uomo che cerca di compensare le proprie carenze e i propri complessi attraverso il potere personale assoluto, coloro che accettano di obbedire o addirittura acclamano il dittatore sono certamente  individui scompensati che cercano, nella dipendenza assoluta, un rifugio dalle proprie frustrazioni e dai propri complessi  , dai quali sono condizionati e schiacciati.
Schiavi e padroni, nel loro modo distorto di affrontare la vita, reagiscono spesso, sia pure con atteggiamenti molto diversi, ad analoghe situazioni conflittuali e a simili motivazioni di fondo.  Sorge legittimo il dubbio, alla luce di queste considerazioni, che la schiavitu' sia per molti una inconscia scelta patologica.
La liberta' viene considerata dagli uomini una cosa importantissima, finche' rappresenta una meta da raggiungere.  Quando poi e' stata ottenuta, sembra quasi che agli occhi dei piu' essa vada perdendo valore.  Sembra che ognuno sia piu' preoccupato del furto della propria bicicletta che della sottrazione di questo bene, che dovrebbe essere un diritto fondamentale e insopprimibile di ogni essere umano.
Ogni volta che la liberta' e' stata messa in pericolo ed e' stata poi distrutta, abbiamo potuto notare la suddivisione delle masse in tre gruppi fondamentali.
Da una parte vi e' un nucleo estremamante ristretto di individui socialmente e psicologicamente sani che tentano di resistere e di difendere la propria liberta'.  Ma in genere si tratta di un numero molto ristretto di persone rispetto alla totalita'  della massa.
Dall'altra parte vi sono coloro che si disinteressano completamente del dramma che si sta consumando e che assistono passivamente e senza emozioni  alla scomparsa della liberta', alla quale sembrano non dare alcuna importanza.   Gente, questa, che sarebbe probabilmente disposta  a difendere  con le unghie e coi denti un metro quadrato del proprio giardino o il diritto di precedenza a un incrocio stradale, ma che si lascia defraudare di questo essenziale diritto umano, come se la cosa non li riguardasse minima mente.
Il terzo gruppo e' composto di individui i quali, per un insieme di complessi che agiscono in senso chiaramente patologico, sembrano correre volontariamente incontro alla schiavitu'.  Immolano il loro diritto alla liberta' sull'altare della nevrosi.
Cercano con questo sacrificio, da essi percepito come folle esaltazione,  di compensare i propri complessi e le proprie frustrazioni.  Individui dunque che, per paura della liberta', si rifugiano nella schiavitu'.
Esamineremo, in seguito, su queste pagine, le motivazioni, numerose e profonde, che possono condurre l'uomo a questo comportamento aberrante. 

lunedì, ottobre 08, 2012

www.montedoglio.blogspot.it LA RICERCA DELLE PROPRIE RADICI

Senza radici, nessuna pianta puo' dare i suoi frutti.

Per sapere  chi  siamo,  cosa vogliamo  e dove la vita ci  porta,  bisogna sapere da  dove veniamo.

Ciascuno ha il diritto di scoprire le proprie radici.